Forse all'inizio si è trattato di un problema di "scala": le piccole manutenzioni, i deboli segnali di disattenzione verso lo spazio pubblico, quali una buca stradale, un palo divelto, un cartello arrugginito, un cestino traboccante di rifiuti, ecc., hanno rappresentato per anni un problema troppo banale per entrare a pieno titolo nell'agenda politica di una Giunta o di un Assessorato.
C'è stata l'impressione o la supponenza che quei problemi non avessero bisogno di essere sostenuti da un pensiero più articolato o da un'idea di città, ci si è fidati - spesso in buona fede - che fosse la "macchina amministrativa" a risolverli, quando in realtà la sua capacità di risposta e di motivazione veniva minata alla base da una graduale erosione delle risorse a disposizione, non solo risorse economiche, ma anche organizzative, umane, tecniche e strumentali.
Questa percezione del fenomeno ha fatto sì che oggi il decadimento dei livelli di decoro urbano è un problema endemico che colpisce grandi e piccole città e che spesso accompagna, o peggio ingigantisce altri problemi di vivibilità, dove minacce quali la sicurezza dei cittadini (sia effettiva che semplicemente "percepita" come tale) o la serenità sociale vengono avvertite con crescente disagio e smarrimento.
La situazione è tale che da più parti il problema della "scala" si è rovesciato e si è assunta la consapevolezza che solo recuperando la capacità di risolvere anche i "piccoli" problemi, si può arrivare ad affrontare anche quelli più grandi e che solo il pieno controllo del processo gestionale può rimettere la "macchina amministrativa" nella condizione di piena efficienza ed efficacia operativa.
Ma in tempi di crisi e di severi tagli alla spesa pubblica, le soluzioni spesso non possono più essere le stesse che in passato, non è più infatti sufficiente rafforzare questo o quell'ufficio magari già falcidiato dal blocco delle assunzioni e del turn over, né è possibile ricorrere a discutibili formule di esternalizzazione dei servizi, né tanto meno pensare a facili alchimie di bilancio per rimpolpare capitoli di spesa che, per quanto pressanti, saranno sempre subordinati a qualcosa di più importante o di indispensabile.
Lo scenario è quello di trasformare il "problema" in "opportunità" per fare rete con la comunità locale e i suoi cittadini, per coinvolgere i soggetti più attivi, più disponibili a collaborare, per attuare con formule nuove e anche sperimentali quella sussidiarietà che sta alla base del percorso di rinnovamento delle nostre democrazie e delle autonomie locali.
L'obiettivo globale di CITTà IN ORDINE è innanzitutto quello di sviluppare un nuovo modello di gestione di alcune manutenzioni urbane, restituendo orgoglio di cittadinanza e riappropriazione dello spazio pubblico, ovvero risolvendo i piccoli problemi di decoro urbano come caposaldo del senso civico e come atto di responsabilità individuale verso lo spazio collettivo. La riscoperta dell'ordine e della pulizia deve in tale ottica, diventare premessa alla qualità della vita del luogo dove si abita e deve contribuire a sviluppare vecchie e nuove sensibilità e capacità condivise per affrontare e risolvere problemi collettivi.
In tale ottica, CITTà IN ORDINE si propone di integrare in prima istanza sia le nuove tecnologie, sia le energie spontanee della cittadinanza aggregate nelle forme dell'associazionismo. Tuttavia tale integrazione in sé è necessaria ma non sufficiente e richiede uno sforzo aggiuntivo ed è proprio in questo sforzo supplementare che si può identificare il valore innovativo e sperimentale del progetto.
